Introduzione al castagno europeo (castanea sativa)
Tra le specie forestali e fruttifere più antiche e versatili del panorama botanico troviamo il castagno europeo, noto anche come Castanea sativa.
Questo albero da frutto è una specie arborea di origine antichissima, la cui presenza nel bacino del Mediterraneo risale a milioni di anni fa.
Appartenente alla famiglia delle Fagaceae, come il faggio e la quercia, il castagno si è evoluto in ambienti temperati e umidi, sviluppando una straordinaria adattabilità ecologica ed una notevole importanza economica fin dall’antichità.
Nell’Antica Grecia iniziarono la commercializzazione del castagno, chiamato “dendron karyon” (albero della noce), diffondendolo nell’Asia Minore e nelle coste del Mediterraneo orientale ma fu solo con i Romani che venne riconosciuto l’alto valore alimentare, iniziandolo a coltivare in tutta l’Europa meridionale ed introducendolo anche nelle regioni montane, dove altre colture risultavano meno produttive.
Durante il Medioevo, il castagno prese il nome di “albero del pane” per la capacità delle sue castagne di sostituire i cereali nelle zone marginali più lontane dal centro.
Divennero quindi molteplici gli usi derivanti da questa pianta: dalla produzione di farina, al consumo fresco, fino alla lavorazione del legno per uso artigianale e strutturale.
Oggi, con il rinnovato interesse per l’agricoltura sostenibile, la biodiversità e le produzioni locali, il castagno sta vivendo una nuova fase di valorizzazione, anche grazie alla ricerca vivaistica e al recupero delle varietà tradizionali.
In questo articolo approfondiremo le caratteristiche botaniche, le esigenze climatiche, le malattie, le principali cultivar e le tecniche più aggiornate per la gestione del castagno sia in ambito produttivo che forestale.
Etimologia
Il nome Castanea sativa deriva dal greco kástanon (κάστανον), termine che indicava il frutto del castagno e che, secondo la tradizione, sarebbe collegato alla città di Kastania, situata nell’antica regione del Ponto, sul Mar Nero, in cui si presume siano nati i suoi frutti.
Questa denominazione diede poi il nome latino Castanea che fu progressivamente adottato nella nomenclatura botanica per designare l’intero genere.
L’epiteto ‘sativa‘ invece deriva da ‘sativus‘ ovvero ‘seminare‘, ed è comunemente impiegato in floricoltura per indicare le specie addomesticate o coltivate.
Pertanto, il nome Castanea sativa può essere interpretato scientificamente come ‘castagno coltivato’, una denominazione che riflette sia la sua origine storica e geografica ma anche il suo ruolo consolidato nella tradizione agricola dell’Europa meridionale.
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Caratteristiche botaniche
Il castagno è un albero da frutto che può superare i 25–30 metri di altezza e raggiungere un diametro che in maturità varia tra i 50 e i 100 cm.
Il fusto colonnare tende a ramificarsi formando una chioma espansa e globosa. La corteccia è inizialmente liscia e di colore bruno-rossastra, ma con l’età diviene fessurata longitudinalmente e assume tonalità più scure.
Le foglie sono alterne, semplici, oblungo-lanceolate, con margine dentato lunghe circa 10–20 cm, presentano una consistenza coriacea ed uno strato superficiale lucido, mentre quello inferiore più opaco.
Il castagno è un albero in varietà anche autofertili, presenta infatti fiori sia maschili che femminili che sbocciano a fine primavera ed ad inizio estate. I fiori maschili sono riuniti in lunghi amenti eretti, mentre i fiori femminili si trovano alla base degli amenti o isolati.
Il frutto è una noce (detta volgarmente castagna o marrone), avvolta da un involucro spinoso che deriva dalla modificazione dell’infiorescenza femminile. Ogni riccio contiene da uno a tre elementi. La maturazione, invece, avviene tra fine settembre e novembre, a seconda delle condizioni climatiche e della cultivar.
Il sistema radicale è inizialmente fittonante ma evolve successivamente in un apparato espanso e superficiale, rendendo la pianta sensibile ai ristagni idrici.
Principali cultivar
Sebbene entrambe derivino dalla stessa specie botanica (Castanea sativa) vi è molta confusione sull’utilizzo dei termini castagna e marrone che presentano, invece, differenze significative in termini morfologici, agronomici e commerciali.
La castagna ha un’origine selvatica o semi-selvatica e produce tre piccoli frutti irregolari per ogni riccio e con una buccia di colore scuro. Il marrone, invece, è una varietà coltivata e selezionata che produce solo uno o due frutti grandi, regolari e tondeggianti con un guscio esterno facile da rimuovere e di color ben più chiaro.
Ne deriva così una discrepanza anche in termini commerciali dal momento che la castagna viene utilizzata per un consumo fresco, la produzione di farine o prodotti tradizionali, a differenza del marrone che avendo una resa qualitativa maggiore viene impiegato anche nel settore dolciario di pregio (es. marron glacé).
Tra le cultivar di maggiore importanza e diffusione in Italia, si distinguono:
- Castagna di Montella (IGP) – Campania
Prodotte per il 90% dalla varietà Palummina e per il restante 10% dalla varietà Verdoleiccola. Molto dolci, aromatiche, rotondeggianti e con faccia inferiore piatta, forma che ricorda la colomba che in dialetto si traduce appunto in palomma. - Castagna di Cuneo (IGP) – Piemonte
Di pezzatura inferiore, viene raccolta ed essiccata lentamente all’interno di strutture in muratura chiamate secou. - Castagna di Monte Amiata (IGP) – Toscana
Tra le province di Grosseto e Siena, vengono raccolte fin da settembre, poi immerse in acqua e asciugate al sole o in celle ventilate prima di arrostirle per esaltarne la dolcezza - Marrone del Mugello (IGP) – Toscana
Produce frutti di grande pezzatura, forma ellissoidale e ottima qualità gustativa. È noto per la facilità di pelatura e per la scarsa incidenza di frutti doppi o abortiti. È destinato prevalentemente al consumo fresco. - Marrone di Cuneo (IGP) – Piemonte
Cultivar pregiata coltivata nelle valli del cuneese. I frutti sono grandi, lucidi, dolci e facilmente pelabili. Si presta bene anche alla trasformazione industriale. - Marrone di Roccadaspide (IGP) – Campania
Tipico dell’area cilentana, ha frutti di pezzatura media, molto apprezzati per il sapore dolce e la buona conservabilità. - Marrone di Combai (IGP) – Veneto
Frutti grossi e dolci, dalla buccia sottile e facilmente distaccabile. Coltivato nei rilievi del Trevigiano. - Marrone di Caprese Michelangelo – Toscana
Di qualità eccellente, selezionato per l’elevata resa in pelatura e la pezzatura uniforme.
Cura e Coltivazione
- Esposizione: per il castagno europeo è ottimale un’esposizione che possa garantire buona luminosità, elevata umidità atmosferica e protezione dai venti freddi e dalle gelate tardive. Si tratta infatti di una specie eliòfila, ovvero amante della luce ma che tollera anche condizioni di mezz’ombra nelle prime fasi di sviluppo. Il castagno si sviluppa preferenzialmente su pendii esposti a sud-est o sud-ovest, dove beneficia di un buon irraggiamento solare mattutino e pomeridiano, evitando però i rischi associati alla radiazione eccessiva e alla siccità tipica delle esposizioni completamente meridionali in climi aridi.
L’esposizione a nord è generalmente meno favorevole alla fruttificazione, sebbene possa però essere tollerata da impianti destinati alla produzione di legname, in quanto capace di ridurre la velocità di crescita e favorire uno sviluppo più regolare del fusto. - Terreno: predilige terreni profondi, ben drenati e tendenzialmente acidi, con una buona percentuale di sostanza organica e una struttura che favorisca l’areazione radicale. Lo spessore del terreno è consigliabile tra 80–100 cm, necessari per ospitare il sistema radicale espanso della pianta. Inoltre, i suoli derivati da rocce silicee (graniti, porfidi, scisti, arenarie), privi di calcare, sono generalmente i più adatti alla coltivazione del castagno. Al contrario, i substrati di origine calcarea o argillosa sono da evitare.
- Parassiti e malattie: Il castagno è sensibile al cancro corticale (Cryphonectria parasitica) ovvero una malattia originaria dell’Asia che può danneggiare soprattutto gli alberi più giovani causando lesioni sulla corteccia, disseccamento dei rami ed essudazioni giallastre.
Inoltre, il castagno può patire l’asfissia radicale che favorisce patologie fungine come il mal dell’inchiostro (Phytophthora spp.). Questa malattia provoca la morte della pianta a partire dalle radici a causa del marciume radicale e al conseguente indebolimento del legno alla base del tronco.
Per ridurre questi deterioramenti, consigliamo di svolgere spesso un corretto monitoraggio fitosanitario ed una prevenzione accurata scegliendo dei portainnesti resistenti, concimazioni equilibrate, effettuando potature appropriate e creando un miglioramento del drenaggio.
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