Oggi, 21 giugno 2018, alle 10:07 utc (12:07 ora italiana) inizierà ufficialmente la bella stagione con il Solstizio d’Estate: sarà il giorno più lungo dell’anno (15 ore e 15 minuti) e sarà seguito dalla notte più breve.
Cos’è → Il termine solstizio deriva dal latino sol (sole) e sistere (stare fermo), col significato di “sole stazionario”. In astronomia il solstizio è definito come “il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica (cammino apparente che il sole traccia nel cielo durante l’anno), il punto di declinazione (la declinazione è analoga alla latitudine ma proiettata sulla sfera celeste anziché sulla superficie terrestre) massima o minima“. E’ un evento di particolare importanza sin dall’antichità, che segna il giorno più lungo dell’anno per l’emisfero nord e quello più corto per l’emisfero australe (solstizio d’inverno). Una situazione che si inverte intorno al 21 Dicembre, quando il Sole è alla sua declinazione minima. Il fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’eclittica. Nel giorno del Solstizio d’Estate, che nell’Emisfero Settentrionale cade quasi sempre il 21 giugno (ritardando di 5 ore, 48 minuti e 46 secondi ogni anno, salvo subire un nuovo riposizionamento indietro, al 20 giugno, ogni 4 anni, in conseguenza dell’introduzione degli anni bisestili, che evitano un progressivo disallineamento delle stagioni con il calendario), il Sole culmina allo Zenit, trovandosi così nel punto più alto della volta celeste.
Significato e tradizione → così come avviene per tutti gli altri fenomeni astronomici a cadenza precisa durante l’anno – tra cui, appunto, solstizi ed equinozi – anche quello d’estate vede una lunga tradizione, radica in secoli passati e comuni a tutti i popoli e le civiltà. Tra feste e celebrazioni, è facile comprendere perché il momento sia così sentito: dopo le fatiche invernali, e la tiepida rinascita della natura in primavera, questa stagione segna la vittoria della luce sulle tenebre, l’abbondanza di nutrimento, i campi rigogliosi e la vita al suo massimo. Non a caso, nelle più svariate popolazioni il solstizio d’estate è associato ai concetti di fertilità e ricchezza. Ancora, rappresentando la giornata più lunga dell’anno, l’evento è sin da tempi remoti associato al culto del dio Sole. dal 21 giugno le giornate cominciano, seppur impercettibilmente, ad accorciarsi. La parola solstizio deriva dal latino sol, “sole”, e sistere, “fermarsi”: agli antichi sembrava infatti che il sole si fermasse e tornasse indietro. Nel solstizio d’estate il sole “si ferma”, sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto, fino al 24 giugno (in quello invernale il fenomeno accade fino al 25 dicembre), giorno in cui ricomincia a muoversi nel cielo, sorgendo gradualmente sempre più a sud sull’orizzonte (a nord dopo il solstizio invernale). Il fenomeno del sole ‘fermo’ appariva certo molto inquietante agli occhi degli antichi: solo una fortissima magia poteva dare un risultato così impressionante. Oggi sappiamo che, ovviamente, la spiegazione è da ricercarsi nel movimento della Terra attorno all’astro solare, come spiegato sopra, ma in passato si pensava che il sole si fermasse per sposarsi con la luna, in un connubio che caricava di energia il nostro pianeta, riversando i poteri positivi del fuoco, provenienti dal sole e dell’acqua, derivanti dalla luna. Così, in età precristiana questo periodo era considerato sacro: tutte le piante e le erbe sulla Terra ne venivano influenzate con particolare forza e sacralità. Con l’avvento del Cristianesimo, questi riti pagani sono stati assorbiti dalla notte di San Giovanni, il 24 giugno, in virtù degli attributi del Santo, cioè il fuoco e l’acqua, che sono stati tradotti nelle usanze popolari di accendere grandi falò e raccogliere la rugiada all’alba. Ecco perché la notte fra il 23 e il 24 giugno è considerata stregata: il mondo naturale e quello soprannaturale si compenetrano e accadono “cose strane”. Non ci credete? Perfino Shakespeare le ha descritte nel suo “Sogno di una notte di mezza estate.”
Le erbe magiche → si dice che le erbe raccolte nella notte di San Giovanni (la notte tra il 23 e il 24 giugno), camminando a piedi nudi sull’erba, abbiano un potere magico, perché benedette dalla rugiada del santo e dagli influssi astrali. Diventano così in grado di scacciare malattie e sortilegi, e tutte le loro caratteristiche vengono esaltate e portate alla massima potenza. Fatte seccare al sole, si utilizzano fino all’inverno per preparare pozioni magiche e per confezionare incantesimi.
Ogni località d’Italia ha un suo elenco di piante, ma alcune erbe sono conosciute e presenti in tutto il nostro Paese: l’iperico, detto “erba di San Giovanni”; l’artemisia, dedicata alla dea della caccia Diana-Artemide e quindi protettrice delle donne; la verbena, il vischio, il sambuco, l’aglio, la cipolla, la lavanda, la mentuccia, il biancospino, il corbezzolo, la ruta, il rosmarino… In epoche in cui la medicina era pressoché inesistente e solo il soprannaturale sembrava dare un aiuto, si usava preparare l’“acqua di San Giovanni”, una mistura miracolosa che si diceva prevenisse ogni male.
Volete dare una chance alle credenze dei nostri antenati? Per confezionarla, il 23 giugno bisogna raccogliere foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino, si mettono a bagno in un bacile colmo d’acqua di fonte, da lasciare per tutta la notte fuori casa, esposto così all’influsso della luna. Alla mattina successiva ci si lava con quest’acqua, per rendere bella e forte la pelle, preservarsi dalle malattie e dalla malasorte.
Consigli sul verde → ripassate il terreno delle aiuole pronte a ricevere nuove semine e trapianti.
Ai giorni nostri → le ricorrenze maggiormente impresse nell’immaginario comune sono quelle del Nord Europa, dove si celebra per l’appunto la figura di Giovanni Battista e la “Notte di Mezza Estate” in nazioni come Svezia, Polonia, Romania, Ucraina, Regno Unito e molti altri ancora. Grandi celebrazioni avvengono anche in Oriente, dall’Indonesia al Giappone, ma anche in Africa, dove il Sole è simbolo di vita e seme della Terra.
Marta Randone
Public Relator